Nel 2022 nei mercati finanziari è avvenuto un evento unico, la discesa sincrona di obbligazioni e azioni.

Questo evento ha procurato nei portafogli tradizionali un ribasso, poichè la diversificazione obbligazioni/azioni non ha funzionato nel contenere i rischi.

La correlazione fra obbligazioni e azioni è generalmente positiva quando l’inflazione è elevata e scarsamente prevedibile. In questi casi, il timore di nuovi rialzi dei prezzi spaventa sia il mercato azionario sia il mercato obbligazionario.

L’anno si è concluso con una perdita del 17.70% per l’indice MSCI World, del 18.35% per l’indice S&P 500, del 33% per il Nasdaq e del 9.85% per lo Stoxx Europe 600. Inoltre è andata male anche per le obbligazioni che hanno visto l’indice Bloomberg Global Aggregate perdere il 16.25% e il Bloomberg Euro Aggregate il 17.20%.

A tutti era chiaro che la politica dei tassi zero delle Banche Centrali era arrivata a fine corsa, ma nessuno immaginava una crescita così repentina dei tassi, difatti molti ritenevano che l’aumento dell’inflazione fosse un fenomeno transitorio.

L’aumento vertiginoso dell’inflazione ha costretto le Banche Centrali ad una violenta restrizione monetaria.

Il rialzo dei tassi si è tradotto in perdite sui bond che si sono amplificate in quanto alcuni gestori, negli anni precedenti, alla ricerca di un rendimento, hanno aumentato la duration. L’aumento di un punto percentuale dei tassi ha portato alla perdita del 10% del valore di un bond decennale.

Shock esogeni come quello della guerra Russia-Ucraina, seguita dalla crisi energetica con la conseguente pressione inflazionistica e la ripresa del Covid in Cina, hanno certamente contribuito a rendere la situazione finanziaria complessa.

Vi sono tre fenomeni che comporteranno la ricerca di nuovi equilibri, al fine di cooperare e collaborare in un mondo frammentato:

  •  la guerra in Europa fra Russia e Ucraina
  •  la deglobalizzazione
  •  la ricerca di un nuovo rapporto USA/Cina

Il focus di questo nuovo anno sarà nuovamente incentrato sulle decisioni delle Banche Centrali. Il quadro è quello di una BCE che sembra seguire la FED con un ritardo di 5-6 mesi, quindi rimarrà fermamente hawkish nei prossimi 2-3 meeting, mentre la FED dovrebbe rallentare il passo della restrizione, poiché i tassi sono ormai a livelli considerati moderatamente restrittivi.

L’economia entrerà in recessione o, nel migliore dei casi, in un contesto di crescita molto modesto e non sufficiente per sostenere il debito accumulato. La curva invertita dei tassi a 2 anni (4,17%) rispetto a quella a 10 anni (3,48%) è sintomatica in quanto il mercato ritiene che la recessione sia dietro la porta.

Lo scenario di base per il 2023, secondo cui l’economia statunitense starebbe guidando per un atterraggio “morbido” (una recessione lieve con tassi di disoccupazione e di insolvenza ben al di sotto dei livelli visti nei precedenti cicli recessivi) è probabile, ma i movimenti della FED dipenderanno dai dati. Sicuramente il debito pubblico elevato impedisce un aumento dei tassi oltremisura.

Se ci trovassimo a dover sintetizzare gli ultimi quattro anni, potremmo farlo in questo modo: La pandemia nel 2020. L’entusiasmo nel 2021. L’incertezza nel 2022 e le aspettative nel 2023.

Gli shock che si susseguono da tre anni a questa parte, prima la pandemia, poi l’inflazione, e successivamente l’energy crunch hanno accelerato un’inflazione già alta, il tutto condito dalla stretta senza precedenti della FED e delle altre banche centrali, ribaltando così molte certezze consolidate degli investitori.

Una cosa è certa: nel 2023 gli occhi saranno tutti puntati sull’inflazione, ancor più che sulla crescita. Ad incidere sull’andamento dei prezzi nel lungo periodo, saranno anche gli effetti della deglobalizzazione e delle rinnovate spinte protezionistiche.

Certamente i mercati finanziari anticipano sempre i fenomeni dell’economia reale.

La principale chiave di lettura per le decisioni di investimento, sia nei bond che nelle azioni, resterà comunque l’inflazione.

È molto probabile che per l’inflazione il picco sia stato raggiunto, sempre che prosegua la parabola discendente sia negli USA che in Europa, inducendo le banche centrali prima a rallentare e successivamente ad interrompere la stretta monetaria, aprendo così la strada ad una prospettiva di tassi di interesse in ribasso nel 2024.

I multipli di mercato, quali il rapporto fra prezzo e utile, dovranno fare i conti con le trimestrali che inizieranno ad uscire tra un paio di settimane. Se gli utili batteranno significativamente le aspettative, e saranno giudicati sostenibili, tireranno in alto i prezzi, al contrario se deluderanno, li tireranno verso il basso.

Vi sono tre trend che certamente vale la pena avere nel proprio portafoglio e sono:

  •  la transizione energetica
  •  la digitalizzazione
  •  la sostenibilità

Nei prossimi anni questi trend saranno sempre di più i protagonisti delle nostre vite.

In un contesto come quello attuale è importante la selezione delle imprese nelle quali investire, con un’attenzione particolare alla qualità del management.

Inoltre con i tassi attuali, le obbligazioni presentano maggiori opportunità rispetto ai rischi degli anni passati.

Sarà l’anno delle aspettative perché tutto dipenderà dai dati che verranno comunicati, in funzione di questi i mercati finanziari si muoveranno.

In una situazione complessa, l’affiancamento del proprio Consulente Patrimoniale sarà determinante per affrontare con serenità le sfide che il nuovo anno porrà.

Dopo un pessimo 2022, l’aspettativa è di un 2023 trainato da soprese positive!

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