Un imprenditore di successo è un mix fra attitudini innate e competenze acquisite.
Sicuramente fra le doti innate che un imprenditore di successo deve avere, ve ne devono essere almeno tre:
- coraggio
- vision
- leadership
Il coraggio permette ad un imprenditore di affrontare e superare ogni giorno tutte le difficoltà che sono insite nell’attività, fra queste certamente la capacità di adeguarsi al cambiamento e di coglierlo come un’opportunità.
A. Einstein affermava che: “Una barca in porto è sempre al sicuro, ma non è per quello che è stata costruita”.
La vision rappresenta dove un imprenditore vuole portare l’Impresa, l’obiettivo che probabilmente in pochi vedono, ma che lui attraverso una strategia sa di potere raggiungere. La leadership, infine, è quella capacità necessaria che permette ad un imprenditore di risultare affidabile sino a fare in modo che i propri collaboratori lo seguano, certi di essere in mani sicure.
Doti che si affinano nel tempo e con l’esperienza.
Ma non bastano le doti innate, descritte in precedenza, per diventare un imprenditore di successo, necessitano almeno altre tre abilità:
- volontà
- competenza
- esperienza
Senza la volontà accompagnata dalla tenacia, insieme ad adeguate competenze e ad una esperienza che si acquisisce solo con il tempo, difficilmente si possono raggiungere obiettivi ambiziosi.
Oggi più che mai è importante che un imprenditore pianifichi progetti di crescita e abbia voglia di investire guardando al futuro, con l’obbiettivo di creare valore e benessere per il territorio.
Inoltre, risulta essere fondamentale l’attività di un imprenditore, in quanto l’Impresa permette inclusione e coesione sociale.
La “follia” dell’imprenditore, guidata dalla passione e dall’impegno, permette di realizzare progetti che inizialmente egli stesso pensava fossero sogni irrealizzabili.
Tuttavia essere discendente di un imprenditore di successo, non vuol dire automaticamente diventarlo. Ho visto chiudere molte Imprese perché per una proprietà transitiva si riteneva che se un genitore era stato un imprenditore di successo, anche il discendente lo sarebbe stato. Inoltre, mi è capitato di rendermi conto di figli frustrati perché non ritenuti da un genitore adeguati eredi o genitori frustrati perché i figli non desideravano seguire le loro orme.
L’affetto di un padre o una madre per i figli è incondizionato, ma per garantire longevità all’Impresa bisogna essere guidati da una certa razionalità e valutare se i propri figli sono le persone giuste per prendere le redini dell’Impresa. Nel caso si ritenga che possano, dopo un cammino di formazione, entrare nell’Impresa, è auspicabile che prima facciano un’esperienza da dipendenti per alcuni anni presso un’altra Impresa. Solamente facendo la gavetta, si diventerà persone autorevoli, comprendendo il lavoro di un dipendente, altrimenti si verrà visti, una volta prese le redini dell’Impresa, solamente come “il datore di lavoro”.
Pianificare per tempo la successione in una Impresa, al fine di prevenire le criticità di un evento ineludibile, non è solamente un dovere per cautelare il patrimonio della famiglia, ma è anche una responsabilità verso i dipendenti, in quanto se l’Impresa dovesse chiudere, lascerebbe le famiglie degli stessi in gravi difficoltà. Talvolta, a causa del delirio di immortalità o del ritenersi certi di sapere quando si verrà a mancare, si tende a non pianificare per tempo la successione.
L’impresa non è solo il patrimonio della famiglia, ma è anche un patrimonio della Comunità.
Nel caso fra i discendenti non vi dovesse essere l’erede che può prendere il posto del titolare dell’Impresa, una possibilità potrebbe essere, se non è stato già fatto, quello di managerializzare l’Impresa, e lasciare agli eredi un ruolo da azionisti. Inoltre, un’altra possibilità potrebbe essere quella di fare entrare nell’azionariato un fondo di Private Equity che apporterebbe nuova liquidità e nuove competenze. Infine, in estrema analisi, si potrebbe valutare anche la vendita, ma facendosi garanti della continuità aziendale al fine di preservare il posto dei propri dipendenti.
Vincere la sfida della longevità si può?
Si, coniugando la tradizione con la capacità di innovare e gestire il cambiamento attraverso tre punti focali:
- Decentrare il potere gestionale
- Trovare equilibrio nelle relazioni familiari con razionalità
- Impregnare l’Impresa dei valori della Famiglia. Ergo, non solo profitti e bilanci
Le affinità condivise sono la premessa per creare un rapporto di fiducia fra Cliente e Consulente, e sono quelle che permettono una relazione efficace e duratura nel tempo.
La sfida è quella di aiutare il dominus e la sua famiglia a:
- creare nuovo valore
- assicurare una continuità aziendale
- gestire i rischi in maniera oculata e lungimirante
Henry Ford affermava: “Mettersi insieme è un inizio, rimanere insieme è un progresso, lavorare insieme un successo”.
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